Piccola storia di Kiwi
Chi regala un oggetto si identifica con esso, se l’oggetto è spiritoso lo sei anche tu, se è raffinato ed elegante, lo sei anche tu che l’hai scelto. Si direbbe che, non potendo offrire in regalo il frutto della tua creatività, il tuo possibile vanto è quello di “aver saputo scegliere”, tra tutto il banale che ti si offre, l’oggetto intelligente, originale, raffinato; allora sarai anche tu intelligente, originale e raffinato.
Disegnare per Alessi vuole dire proprio compiere un percorso in questa direzione.
Affrontando il tema dell’annaffiatoio abbiamo avuto l’opportunità operare in un campo per lo più confinato ad un livello di disegno modesto; così che il compito è stato più facile.
Ma la strada non è stata né breve né lineare.
Certo avevamo chiaro che, in generale, la plastica stampata per sua natura offre alla vista e al contatto della mano un bordo poco gradevole, perciò ci siamo subito orientati verso un contenitore assimilabile a una bottiglia, da realizzare con tecniche che avrebbero consentito forme compatte e chiuse.
Il primo disegno e il primo modello di carta era un lungo cono con una maniglia ricavata nel volume, come nei contenitori di shampoo; ma come mettere un lungo cono sotto il rubinetto di un lavandino? Il cono ha allora cominciato a incurvarsi in avanti: che bello è un corno! porta fortuna! Ma il problema rimaneva.
Abbiamo poi capito che bisognava coricare il cono in orizzontale, solo così sarebbe stato facile riempirlo d’acqua sotto un rubinetto. L’evoluzione della forma di kiwi ha avuto un percorso contrario a quello dell’uomo: da erectus a “coricatus”.
Al centro avremmo collocato la maniglia e un rigonfiamento per contenere 2 litri d’acqua, ad una estremità un lungo becco per arrivare facilmente ai vasi, all’estremità opposta un piccolo imbuto per il riempimento. Ora, pensavamo, sarebbe stato solo una questione di disegno, di elaborare una bella forma con linee fluenti aiutati da una primo studio in creta, poi da questi meravigliosi programmi di elaborazione tridimensionale.
Infine un modello ”vero”ci ha dato il brivido di veder realizzato il nostro pensiero, di toccare con mano ciò che avevamo solo immaginato; una sensazione di onnipotenza creativa che accompagna sempre il designer di fronte al primo modello. Ma ahimè a questa piacevole sensazione ha fatto seguito una cocente delusione nel vedere l’acqua uscire anche da dove avrebbe dovuto solo entrare.
Allora con uno spunto giusto e risolutivo abbiamo spostato il foro d’ingresso sotto la maniglia, in posizione baricentrica, utilizzando per imbuto lo scavo già previsto nel volume; il disegno ha guadagnato anche in pulizia. Quando poi abbiamo introdotto una piccola base per permettere l’esposizione dell’annaffiatoio in posizione verticale col minimo ingombro c’è chi ha esclamato: ma è una goccia d’acqua! è perfettamente in tema!
La messa a punto del prodotto, con l’aiuto dei modelli che sono seguiti, è una storia di ordinaria professionalità.
Per chi pensa che realizzare una buona idea significhi pensarla di notte, disegnarla la mattina e vederla finita la sera, questa piccola storia è forse una sorpresa.
Donato D’Urbino e Paolo Lomazzi
20 03 2008
- Foto Donato D'Urbino